Categoria: Photography

  • RFF

    RFF

    Questo progetto fotografico è una testimonianza della Biennale di Architettura di Venezia del 2016, che pone una riflessione sul ruolo dell’architetto e dell’architettura che verrà.

    Alejandro Aravena ha presentato i temi della Biennale Architettura con questa dichiarazione:

    “Ci sono ancora molte battaglie da vincere e molte frontiere che occorre ancora espandere per poter migliorare la qualità dell’ambiente edificato e, di conseguenza, la qualità di vita delle persone. Sono sempre di più le persone sul pianeta alla ricerca di un luogo decente in cui poter vivere e le condizioni per raggiungere tale scopo si fanno di ora in ora sempre più ardue. Qualsiasi tentativo di trascendere gli aspetti commerciali incontra come sempre una forte resistenza nell’inerzia della realtà, e qualsiasi sforzo volto ad affrontare questioni importanti deve vedersela con la crescente complessità del mondo. Ma a differenza dei conflitti bellici in cui nessuno vince e su cui aleggia un diffuso senso di sconfitta, nei fronti dell’ambiente edificato si respira un’aria di vitalità perché l’architettura è guardare la realtà in chiave propositiva. “Reporting from the front” si propone di mostrare a un pubblico più vasto cosa significa migliorare la qualità della vita mentre si lavora al limite, in circostanze difficili, affrontando sfide impellenti. O cosa occorre per essere in prima linea e cercare di conquistare nuovi territori. Vorremmo imparare da quelle architetture che, nonostante la scarsità di mezzi, esaltano ciò che è disponibile invece di protestare per ciò che manca. Vorremmo capire quali strumenti di progettazione servono per sovvertire le forze che privilegiano l’interesse individuale sul bene collettivo, riducendo il Noi a un semplice Io. Vorremmo venire al corrente di casi che resistono al riduzionismo e all’eccessiva semplificazione e che non rinunciano alla missione dell’architettura di penetrare il mistero della condizione umana. Ciò che ci interessa è capire in che modo l’architettura possa introdurre una nozione più ampia di guadagno: la progettazione come valore aggiunto e non come costo aggiuntivo o l’architettura come scorciatoia verso l’equità.  Presenteremo dei casi e delle pratiche in cui la creatività è stata utilizzata per conquistare anche una seppur minima vittoria, perché quando il problema è grande, avanzare anche solo di un millimetro diventa rilevante. Potrebbe quindi essere necessario adattare la nostra nozione di successo, perché le conquiste sul fronte sono relative, non assolute.  Sappiamo molto bene che la battaglia per un ambiente edificato migliore è un impegno collettivo che richiederà la forza e la conoscenza di tutti. Per tale motivo vorremmo che questa Biennale fosse onnicomprensiva, che ascolti le storie, i pensieri e le esperienze provenienti da contesti diversi. Pertanto la 15° Mostra Internazionale di Architettura si concentrerà e imparerà dalle architetture che, bilanciando intelligenza e intuizione, sono in grado di scostarsi dallo status quo. Vorremmo presentare degli esempi che, nonostante le difficoltà (o forse anche grazie a esse), invece di esprimere rassegnazione e amarezza, propongano e realizzino qualcosa. Vorremmo dimostrare che nel perenne dibattito sulla qualità dell’ambiente edificato, non c’è solo il bisogno ma anche lo spazio per l’azione”.

    Da alcuni anni sembra che sia in atto un distacco tra architettura e società civile: l’architettura da un lato si è concentrata per lo più in realizzazioni spettacolari, con le quali singoli soggetti celebrano il proprio successo e le proprie ambizioni, mentre dall’altra parte la società mantiene un atteggiamento indifferente verso una architettura che sembra non sia più totalmente al servizio delle persone.

    La 15° Biennale di Architettura affronta le domande che insorgono in questo particolare momento di apparente stasi, cercando di contribuire al dibattito e alimentare il desiderio di architettura considerata come l’arte che sintetizza aspirazioni private e necessità pubbliche.

    Ma quali sono le aspettative e le prerogative dell’architettura per il futuro? E quale ruolo dovrà svolgere l’architetto?

    Questa biennale può veramente essere un punto di rottura perché mette in discussione il ruolo stesso dell’architettura contemporanea: spetta a noi architetti saper leggere con attenzione il particolare momento storico, cogliere le occasioni e avere il coraggio di cambiare il mondo.

  • CP

    CP

    Situata in Largo Isarco, nella zona sud di Milano, la nuova sede della Fondazione Prada, progettata dallo studio di architettura OMA, sotto la guida di Rem Koolhaas, si inserisce in un contesto urbano difficile, in un quartiere in cui la grande memoria del passato industriale novecentesco contrasta con il carattere presente irrisolto e in divenire: un luogo che non ha ancora iniziato a sfruttare tutte le sue potenzialità, ma che certamente sarà interessato da future trasformazioni.

    La Fondazione Prada si propone come una istituzione volta ad attrarre e coinvolgere le persone con la cultura per arricchirne la vita quotidiana, aiutare a capire i cambiamenti che avvengono nel mondo, imparare e fare esperienza attraverso l’uso dell’arte, della scienza, della politica e della filosofia.

    L’interesse principale è proprio la coesistenza delle diverse discipline, arte, cultura e architettura, la cui interferenza può generare nuove idee e riflessioni sul mondo e sull’Uomo.

    Le mostre hanno una durata ben precisa e cercano sempre di coinvolgere le persone in una riflessione profonda, distaccandosi temporaneamente dal mondo esterno in questo spazio mistico.

    Un campus in cui vivere liberamente, e riflettere sull’arte, in cui i cortili si offrono alla cittadinanza come luogo di incontro pubblico.

    Lo spazio è articolato secondo una configurazione architettonica che mette in un rapporto diretto e continuo edifici preesistenti e nuove costruzioni: il tema principale della trasformazione di ciò che era una ex distilleria, risalente ai primi decenni del Novecento, in un recapito culturale, è il continuo dialogo e confronto tra tradizione e innovazione, memoria e futuro, spazi industriali e nuove architetture.

    La peculiarità insita nel progetto di OMA è la coesistenza di due dimensioni distinte, ossia un’opera di conservazione e di recupero degli spazi esistenti e l’idea di una nuova architettura: nessuno dei due elementi prevale sull’altro, ma entrambi sono frammenti di un’unica immagine mai dichiarata esplicitamente.

    Le figure dispositive orizzontale-verticale, ampio-stretto, aperto-chiuso, pubblico- privato, vecchio-nuovo, vengono utilizzate come contrasti che definiscono variazione e opposizione descrivendo spazialmente e concettualmente il continuo flusso di idee e di persone che la Fondazione Prada si propone di mettere in relazione.

    Introducendo queste variabili, la complessità del progetto architettonico contribuisce allo sviluppo di una programmazione culturale aperta e in costante evoluzione e trasformazione, nella quale sia l’arte che l’architettura traggono beneficio dalle loro reciproche intersezioni.

    Tutto dialoga con tutto, ma il fondamento attorno a cui tutti gli elementi fisici e teorici funzionano è l’instabilità, il divenire: lo spazio è studiato per permettere la massima fruibilità e perciò per variare continuamente a seconda delle situazioni e delle installazioni in programma, rendendo di fatto la Fondazione Prada un Processo Continuo.

    Un processo continuo che sicuramente darà luogo ad una serie di ulteriori cambiamenti e di scambi che in futuro porterà a trasformare e influenzare positivamente anche il contesto urbano in cui questo spazio pubblico si inserisce.